“In Alto Adige l’industria è strategica”
La segretaria provinciale Fiom-Cgil Cinzia Turello: settore che dà lavoro qualificato e fa innovazione
Il settore industriale in Alto Adige è un elemento fondamentale dell’economia, rappresentandone oltre il 20% del Pil, ma questo contributo non viene ancora riconosciuto del tutto. Ne è convinta Cinzia Turello, da poco riconfermata segretaria provinciale della Fiom-Cgil dell’Alto Adige. La sindacalista evidenzia come occorra agire su alcuni nodi centrali: dalla mancanza di manodopera specializzata al costo degli affitti e delle case, per non parlare della carenza e prezzi alle stelle dei terreni. Per Turello, serve una politica industriale provinciale che permetta alle industrie locali e non di svilupparsi in loco, senza dover cercare spazi altrove, a partire dal vicino Trentino.
Segretaria Turello, lei sottolinea l’importanza del comparto industriale per l’Alto Adige. In che senso è decisivo?
Partiamo da quanto si è verificato durante il lockdown nel periodo più intenso della pandemia. Il comparto che ha tenuto in piedi il Pil altoatesino è stato l’industria che ha continuato a lavorare e a mantenere posti di lavoro. Eppure non se ne parla mai. Gran parte dell’economia – dal turismo alla ristorazione – era ferma e ha avuto l’attenzione della Provincia in termini di aiuti e ristori. Mentre per quanto riguarda l’industria non notiamo la stessa attenzione.
A cosa si riferisce in particolare?
Penso ad aspetti che frenano o impediscono lo sviluppo o addirittura la permanenza delle industrie in Alto Adige. Il primo aspetto su cui intervenire è quello del costo dei terreni per le imprese, e degli affitti e delle case per i lavoratori. Senza alloggi accessibili si aggrava sempre di più il nodo della carenza di manodopera specializzata. Anche se a chi viene da fuori i contratti dell’industria offrono salari più alti, quando il lavoratore vede quanta parte se ne va per la casa, spesso decide di non venire in Alto Adige.
E per quanto riguarda la disponibilità di aree per le industrie?
Anche in questo caso, non intervenire con politiche che supportino chi intende produrre e sviluppare la propria attività in Alto Adige può avere effetti di delocalizzazione di vicinato. Nel senso che l’industria locale non si sposta in Paesi lontani, ma guarda al vicino Trentino dove la disponibilità a sostenere l’impresa industriale è diversa.
Cosa chiedete alla Provincia di Bolzano?
Serve maggiore attenzione al settore che ha un importante ruolo di datore di lavoro. Basti pensare che nelle tre grandi aziende della zona di Bolzano come Iveco, Aluminium, Acciaierie Valbruna occupano 1.500 lavoratori, quindi parliamo di 1.500 famiglie. Se dovessero non esserci in futuro, si porrebbe un problema non solo economico ma anche sociale.
Recentemente Assoimprenditori e i sindacati unitariamente hanno presentato un documento per chiedere alla politica interventi per alloggi a costi accessibili. Quanto è importante che le parti sociali siano coese nel presentare richieste comuni?
E’ molto importante che ciò avvenga. Certo, ciascuno con il proprio ruolo, ma se sindacati e imprese condividono delle richieste e le presentano unitariamente, ciò ha un peso maggiore. Anche a livello nazionale è accaduto recentemente per il settore dell’automotive, così a livello provinciale occorre chiedere una politica industriale alla Provincia.
Quanto è importante la presenza dell’industria per l’Alto Adige alla luce delle tante sfide che si prospettano, a partire dalla transizione ecologica?
Io dico che se una industria funziona, fa funzionare tutto il territorio. Perché l’industria è l’ambito in cui si fa innovazione e si investe per questo. E in cui ci sono tante imprese fiori all’occhiello nel campo della transizione ecologica: penso a Intercable, a GKN che vuole arrivare a produrre in casa l’energia per la propria attività, o a Alpitronic, che assume giovani a livello locale. E che però rappresenta un po’ il simbolo di quanto ho sottolineato: se per una azienda del genere non si trova un terreno che ne permetta lo sviluppo con un balletto che va avanti da tempo, significa che non c’è ancora l’attenzione necessaria della politica a un comparto fondamentale per l’economia e lo sviluppo dell’Alto Adige.