Le differenze rendono l’azienda più competitiva
L’esperta di DE&I Valentina Dolciotti sottolinea come le imprese che includono e valorizzano collaboratori e collaboratrici abbiano una marcia in più
La DE&I, acronimo che sta per Diversità, Equità e Inclusione, è un tema sempre più centrale per le aziende. Il mercato del lavoro sta diventando sempre meno omogeneo. Affrontare le differenze, di genere, generazione, cultura, lingua e così via, e valorizzarle è un atout per le imprese. Riuscirlo a fare in maniera efficiente e profonda le rende più competitive. Attenzione però al “diversity-washing” ossia a pensare che azioni superficiali nelle politiche di Diversity management bastino per rendere l’impresa efficiente e capace di attirare i talenti o di valorizzare quelli presenti. A fare il punto sulle tendenze della gestione delle diversità nelle imprese è Valentina Dolciotti, consulente DE&I e co-fondatrice del magazine DiverCity di cui è Direttrice responsabile. Dolciotti è intervenuta all’ultimo Sustainaibility Talk di Assoimprenditori che ha trattato il tema.
Perché è così centrale il tema della gestione delle differenze in azienda?
Negli ultimi anni le risorse umane nelle aziende, a partire da quelle di maggiori dimensioni, ma non solo, sono divenute un tema sempre più complesso. Sotto uno stesso tetto, quello dell’impresa, coesistono tante diversità: di generazione, di genere, di cultura, di lingua, di scelte affettive. E per chi deve gestirle il Diversity management è diventato decisivo sul piano sia esterno sia interno all’impresa. Le politiche di gestione e inclusione delle differenze impattano infatti su dipendenti, brand e business.
In che modo?
Partiamo dalle persone. Riuscire a governare le Risorse Umane con un approccio nuovo, finalizzato a conoscere e valorizzare le diversità di cui ciascun individuo è portatore consente di aumentare il senso di affiliazione e di soddisfazione del collaboratore e della collaboratrice e di coinvolgerli nel generare idee innovative. Non solo: pensiamo ai talenti. Sia a quelli esterni, che con politiche di diversità e inclusione sono sentono più attratti, sia a quelli già in azienda, che hanno magari bisogno di essere motivati con azioni mirate per garantire loro di acquisire nuove competenze e capacità in linea con le proprie inclinazioni e con la storia aziendale.
Sul brand invece?
Essere azienda che valorizza le diversità e include dà maggior valore e visibilità al marchio, indirizzandone la percezione, favorisce la contaminazione tra persone, idee, progetti, prodotti. Inoltre permette di attrarre, coltivare e trattenere i talenti migliori.
Infine come agisce sul business aziendale?
Le misure di Diversity management e gli effetti che ho citato poco fa innescano meccanismi – ormai certificati – che vanno ad aumentare il fatturato, e insieme a esso la spinta creativa; innescano ingranaggi e ragionamenti nuovi. Rendono l’azienda più competitiva e garantiscono produttività, crescita e innovazione.
Cosa non è la DE&I?
I comportamenti di facciata. Infilare rappresentanti di “minoranze” in azienda solo per poter dire “ce l’ho” ma non dare loro voce. Oppure colorare di arcobaleno il proprio logo nel mese di giugno ma non tutelare le persone della comunità Lgbt.
Lei è consulente di molte grandi multinazionali. Ci fa un esempio di come la DE&I ha migliorato la produttività e il business?
Un’azienda toscana con parecchi collaboratori di religione musulmana ha reso prassi per loro la possibilità di assentarsi ogni venerdì, per ragioni culturali e religiose, chiedendo loro di lavorare invece la domenica. In questo modo ha valorizzato una diversità delle sue persone e al contempo ha potuto aumentare il proprio fatturato e la propria disponibilità sul mercato.