Innovation through tradition
Innovazione nella tradizione. E’ questo il punto di forza delle imprese familiari – e quindi della grandissima parte delle imprese operanti in Alto Adige.
Pescarese di origine, classe 1978, Alfredo De Massis nel 2016 è tornato in Italia dall’Inghilterra per insegnare Family Business alla Libera Università di Bolzano diventando così il professore ordinario più giovane d’Italia. Con lui abbiamo parlato dei punti di forza delle imprese familiari.
Professor De Massis, cosa contraddistingue un’impresa familiare?
Parliamo di impresa familiare quando alle spalle dell’azienda c’è una famiglia che da un lato influenza la vision del business e dall’altra ha la volontà di trasferirla di generazione in generazione.
Ci sono quindi anche imprese familiari di grandi dimensioni…
Assolutamente sì, la dimensione non è una caratteristica rilevante. Proprio l’Alto Adige ci fornisce numerosi esempi di imprese di successo cresciute nel tempo e che sono tipiche imprese familiari: Loacker, Thun, Oberalp, Markas, Durst Group, Niederstätter e l’elenco potrebbe essere molto più lungo. Le imprese familiari sono infatti le più diffuse al mondo, specialmente in Italia e in Alto Adige, dove da sempre guidano l’attività imprenditoriale e giocano un ruolo chiave nella creazione del benessere sociale ed economico.
In Alto Adige ci sono numerosi esempi di grandi aziende di successo cresciute nel tempo ma che sono tipiche imprese familiari
Qual è il loro principale punto di forza?
Quello di avere una grande tradizione alle spalle da portare avanti: le scelte sono orientate al lungo periodo, perché l’obiettivo è costruire qualcosa per le generazioni future. Dall’altra parte la tradizione può diventare anche un ostacolo, un freno al cambiamento e all’innovazione. Ovviamente non per tutte le imprese: esistono imprese familiari capaci di essere simultaneamente fortemente innovative e saldamente ancorate alla propria tradizione, ma per fare questo bisogna essere dotati di alcune capacità distintive.
Un vero paradosso…
Sì, io lo definisco il paradosso dell’abilità e volontà ad innovare. Le imprese familiari avrebbero una maggiore abilità ad innovare, in parte grazie a processi decisionali molto più veloci e strutture di autorità accentrate, ma allo stesso tempo sono contraddistinte da una minore volontà ad innovare.
Perché?
Perché nel processo decisionale confluiscono anche obiettivi di natura non economica centrati sul sistema famiglia, ma per preservare quello che in letteratura si definisce “capitale socio-emotivo”. Le decisioni si prendono in base non solo ad una logica finanziaria, ma anche considerando fattori come il mantenimento del controllo familiare, il futuro lavorativo dei figli, le emozioni e la serenità delle relazioni tra familiari.
Vantaggio o svantaggio?
Dipende. Un processo decisionale veloce e gestito da poche persone che parlano lo stesso linguaggio è sicuramente un vantaggio, mentre può essere negativo non voler aprire il capitale dell’azienda quando questo potrebbe essere un’opportunità di crescita. Il segreto è riuscire a mettere insieme e far funzionare i tre grandi sistemi che convivono in un’impresa familiare: la famiglia, la proprietà e la gestione.
Come si fa?
Ci sono numerose best practice che possono essere utili a imprenditori e manager di imprese familiari per affrontare con successo questa sfida. Ad esempio affiancando al cda e al consiglio di gestione un “consiglio di famiglia” all’interno del quale condividere e trasmettere i valori dell’impresa, stimolare gli interessi delle giovani generazioni, affrontare in un ambiente chiuso e protetto eventuali problemi.
Saper cambiare è fondamentale – ma questo non significa rinnegare la propria storia
Quanto è importante saper cambiare?
E’ fondamentale, ma non significa assolutamente rinnegare la propria storia. Le imprese familiari di successo fanno proprio questo: innovare nella tradizione. Ad esempio mantenendo inalterati i propri valori ma rinnovando il prodotto. Oppure continuando a seguire determinate scelte strategiche, ad esempio rifornirsi di materie prime prodotte sul territorio, rendendo più moderno il prodotto finale. L’Alto Adige è pieno di storie di successo di questo tipo. Per questo motivo per il terzo anno consecutivo il Centro per il Family Business Management della Facoltà di Economia della Libera Università di Bolzano ha organizzato presso il NOI Techpark un ciclo unico di seminari sulle sfide manageriali per il family business nell’economia globale e digitale, che ha l’obiettivo di colare il gap tra teoria e pratica nella nostra offerta didattica in tema di family business, ospitando testimonianze e guest lecture di proprietari e manager di imprese familiari dell’Alto Adige come Durst Group, Senfter, Loacker, THUN, Markas, Niederstätter, di imprese familiari italiane come Riso Gallo e Pellini Caffè ma anche di imprese familiari cinesi come l’Hengdian Group e di consulenti e professionisti di family business.
Il cambiamento spesso si accompagna al passaggio generazionale…
Idealmente le due cose vanno di pari passo. Detto questo, il passaggio generazionale è un processo che dura anni, non avviene dall’oggi al domani. E non è per nulla facile, solo il 30 per cento delle imprese sopravvive al primo passaggio generazionale. Per il secondo si scende al 12 per cento, per il terzo al 3-4 per cento. Tra i tanti diversi motivi c’è anche lo sviluppo demografico: in una società come quella italiana in cui in media ci sono 1,34 figli per donna, il numero potenziale di buoni eredi è abbastanza ridotto.
Ci dia una definizione di “buon erede”.
Un buon successore è allo stesso tempo capace e motivato. Non è semplice individuarlo, ma anche qui le buone pratiche non mancano. Ci sono aziende che si fanno guidare e accompagnare da un soggetto terzo nel passaggio generazionale: questo ad esempio può far accettare più facilmente e legittimare la scelta riguardo a chi affidare la leadership, perché la decisione viene presa da qualcuno esterno alla famiglia. In altre realtà il successore fa prima esperienze all’estero o in altre aziende per imparare. E poi bisogna preparare anche chi lascia, non solo chi subentra: chi ha dedicato un’intera vita all’impresa fa fatica a lasciarla, è quella che si definisce la “sindrome dell’abbandono”. Insomma, non esiste una ricetta unica sempre valida: fondamentale è però affrontare per tempo il tema del passaggio generazionale, spesso un argomento tabù soprattutto fra gli imprenditori italiani, dedicare tempo e risorse per affrontarlo e parlarne apertamente – la comunicazione, sia all’interno sia all’esterno dell’azienda di famiglia è una leva importante per il buon esito di una successione di leadership.
Nell’immagine di copertina: il professor De Massis con i ricercatori del Centro per il Family Business Management della Libera Università di Bolzano